Inaugurato il “Museo della Mafia” dedicato a Leonardo Sciascia

Salemi, Martedì 11 Maggio 2010

Martedì 11 Maggio, a Salemi, provincia di Trapani, la città amministrata da Vittorio Sgarbi, alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano è stato inaugurato il “Museo della Mafia”, dedicato a Leonardo Sciascia.

«Il Museo – spiega Sgarbi – è nato due anni fa su suggerimento di Francesca Traclò della Fondazione Rosselli. L’allora assessore alla Cultura Peter Glidewell me ne prospettò la realizzazione. La città che lo doveva ospitare non era Salemi, ma Corleone. Solo che lì, nella città di Provenzano e Riina, hanno avuto paura della parola “Museo” e l’hanno fatto diventare un noioso “Centro di documentazione per la lotta alla mafia”, che non è certo un novità. Abbiamo pensato ad un “Museo” perché vogliamo immaginare la mafia morta, sconfitta. Del resto si fa un museo dell’Olocausto non perché ci sono ancora i nazisti e i campi di concentramento, ma per dire che occorre prendere le distanze dal male. Ecco, il nostro Museo della Mafia significa questo: prendere le distanze dalla mafia, dal male. Le mie idee, da questo punto di vista, sono specchiate nel pensiero di Sciascia. Sciascia è stato il simbolo di un’antimafia non retorica».

La città di Salemi dedica allo scrittore di Racalmuto anche una mostra di suoi ritratti fotografici messi a disposizione dalla Fondazione Sciascia.

L’allestimento del Museo è stato curato da Nicolas Ballario che dirige, tra l’altro, il «Laboratorio della Creatività» di Vittorio Sgarbi.

Le installazioni a forma di cabina elettorale, che costituiscono la parte più significativa del Museo della Mafia, sono state realizzate dall’artista siciliano Cesare Inzerillo: «è un artista – spiega Sgarbi - che vede il mondo dalla parte della morte e dei morti. Le sue mummie sono simili a quelle delle catacombe dei Cappuccini di Palermo. Inzerillo è come Tadeusz Kantor che vede la “classe morta”».

Il Museo, dedicato a Leonardo Sciascia, è stato concepito, apposta, per scioccare e può far star male chi non è abituato, come i cronisti o gli investigatori, a vedere cadaveri per terra crivellati di colpi di lupara. Nel giorno stesso dell'inaugurazione, una donna di 40 anni milanese e una giovane studentessa catanese hanno dovuto sedersi all'aperto e bere un po' d'acqua fresca per riprendersi dopo essere passate attraverso la "cabina della violenza", una delle 10 del museo che rappresentano il percorso virtuale attraverso la storia di Cosa nostra.

La cabina 8 per esempio, che come le altre è di appena un metro quadrato, simula il retro di una macelleria siciliana con le piastrelle sporche di sangue e presenta immagini raccapriccianti che mostrano particolari anche "scientifici" di delitti.

"La cabina delle estorsioni - spiega il direttore del museo Nicolas Ballario - prima di essere sistemata nel museo è stata bruciata e il legno semicarbonizzato impregna il visitatore dell'odore tipico di ciò che resta dopo un attentato del racket. Lì dentro si assiste alla disperazione dei commercianti che vedono la loro vita andare in fumo".

All'ingresso del museo, inoltre, alcuni cartelli avvertono i visitatori che la visione di foto e video che raccontano gli omicidi di Cosa Nostra può suscitare forti reazioni emotive. Nei giorni successivi all'inaugurazione, l'amministrazione di Salemi ha vietato l'ingresso ai minori di 16 anni.

Il museo fa quindi già discutere mentre è in corso la querelle tra Sgarbi e la famiglia Salvo. Oggetto del contendere è l'esposizione nel museo della prima pagina del quotidiano L'Ora del 1984 con la foto dei cugini esattori Ignazio e Nino Salvo il giorno dell'arresto. A chiedere la rimozione di quel documento è stata la vedova di Nino Salvo attraverso un'ingiunzione del tribunale. "Noi non entriamo nel merito della vicenda giudiziaria - ribadisce Ballario - ma quella prima pagina è un documento incancellabile. Non toglieremo la foto: è uno dei trecento documenti esposti sui pannelli per ripercorrere la cronaca di Cosa nostra". Nino Salvo morì di tumore prima della sentenza del maxiprocesso. Il cugino Ignazio, condannato per mafia, venne ucciso nel settembre '92.

Il Museo della Mafia si trova all’interno del Collegio dei Gesuiti, trasformato in polo museale, dove però sono ancora in corso lavori di ristrutturazione e adeguamento degli impianti. Lavori sospesi durante la visita del Capo dello Stato, ma che adesso sono ripresi ponendo non pochi problemi per la fruizione del Museo della Mafia, di quello del Risorgimento e della mostra del FAI "Paesaggi d’Italia".

Per evitare un contenzioso con la ditta che sta eseguendo i lavori Sgarbi ha indicato una soluzione già sperimentata alla Villa Romana del Casale di Piazza Armerina: "In sostanza il Museo della Mafia – dice Sgarbi - sarà chiuso appena aperto, per essere aperto quando è chiuso.

Siccome la ditta deve pur completare i lavori e non è nostra intenzione essere di ostacolo, faremo un’accoglienza contingentata per anime sensibili: consentiremo l’ingresso al museo tutti i giorni, per gruppi di 30, dalle 18 alle 24,00. In pratica quando il cantiere sarà chiuso".