Nel caso di Sciascia, che rivendicava il diritto di essere «saggista nel racconto e narratore nel saggio», le etichette, si sa, funzionano male, mostrano tutti i loro limiti. Ma anche all’interno di una categoria in apparenza inscalfibile come quella qui utilizzata per il sottotitolo, i conti alla fine non tornano, e il cartellino, pur necessario, appare riduttivo. Perché la vastità delle letture di Sciascia (sono qui radunati interventi sul Furioso di Ariosto e l’Ulisse di Joyce, su E.M. Forster e Lawrence Durrell, su Ivo Andrić e Calvino, su Montale e Bufalino, per citarne solo alcuni), ma soprattutto la mobilità del…