UN ACCORDO DI SENTIMENTI A DISTANZA DI TEMPO In evidenza

Lacrime per Orlando è uno dei saggi della raccolta Fine del carabiniere a cavallo, curata da Paolo Squillacioti e pubblicata nel 2016. Stimolata dalla tavola rotonda dedicata alla scuola nel XIV Colloquium sciasciano, il pezzo ha catturato subito la mia attenzione poiché, ad un attenta e guidata lettura, porta i ragazzi a riflettere su un aspetto che mai come oggi risulta urgente: l’empatia. Sciascia si concentra sulla reazione dei fruitori ai versi di un’opera spesso ben accolta dagli studenti, ovvero l’Orlando Furioso di Ariosto, e imposta una riflessione sulla tradizione artistica che collega il ’500 ai giorni nostri, mostrando un accordo di sentimenti anche a tanta distanza di tempo. Proprio l’insistenza sulla dimensione umana evidenziata dallo scrittore permette agli studenti, spesso distanti dalla letteratura, di rintracciare la presenza di un tessuto umano universale, di riconoscere e riconoscersi. 

Lo scrittore inizia il suo saggio dall’incontro avvenuto nel 1760 tra Casanova e Voltaire a Ferney i quali affrontarono, tra i tanti discorsi, anche la letteratura: Voltaire chiede a Casanova quale fosse il suo poeta italiano più amato e lui risponde l’Ariosto. Il confronto tra i due continua e si sofferma, nello specifico, sul XXIII canto del poema, precisamente sulle ultime 36 ottave, ovvero quelle della follia di Orlando che si scatena dopo aver scoperto l’unione tra Angelica e Medoro. Non è un caso che anche Sciascia, nel ripercorrere il dialogo, si soffermi – e quindi porti il lettore a fare la stessa cosa- proprio su quel momento del poema, dove è realmente più visibile una oscillazione per il lettore tra il diletto e il serio, in base alla profondità con cui si legge il passo. Si passa infatti spontaneamente da un facile sorriso per il paladino “con gli occhi e con la mente fissi nel sasso, al sasso indifferente” ad una partecipazione più sentita per il suo dolore che “giù dagli occhi rigando per le gote sparge un fiume di lacrime sul petto”. 
Proprio su questo scontro tra sentimenti opposti del lettore Sciascia pone l’attenzione nel suo contributo. Sembrerebbe infatti che Casanova prima e Voltaire dopo, recitando le ottave del canto, spesero “lacrime per Orlando”; lo stesso filosofo illuminista ritratta infatti il suo giudizio di poema più dilettevole che serio, giudicandolo “sublime quanto piacente”, comprendendo il riso ariostesco e la saggezza morale che si nasconde dietro gli episodi narrati. Nel XVIII secolo era dunque “naturale” piangere per la follia di Orlando e anche un secolo dopo - riporta Sciascia- seppur più furtivamente; a noi invece “sembra impossibile piangere su un qualsiasi momento del poema ariostesco”. La differenza, si rintraccia nel testo, sta nel fatto che per Voltaire e Casanova, e ancora per De Sanctis, lo scarto tra il poema e la vita era minimo, cosa diversa invece per il periodo in cui Sciascia scrive il testo, il 1974, e per i lettori di oggi, perché quegli eventi appaiono troppo lontani, non reali, romanzati ed è per questo che l’immedesimazione e l’effettiva e profonda comprensione delle azioni del paladino richiedono uno sforzo in più rispetto al passato.
A dimostrazione di ciò, Sciascia riporta un’altra testimonianza, ovvero quella dell’Opera dei Pupi, una tipologia di teatro di marionette -dette pupi - nato e sviluppatosi in Sicilia tra le fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e grazie al quale venivano messe in scena le stesse ottave di Ariosto con una tecnica studiata per imitare le parti più comuni della tradizione cavalleresca. Scrive Sciascia: “vediamo Orlando travagliarsi e impazzire, tutto travolgere e rompere nella sua ira”, i protagonisti erano “persone che soffrivano, tradivano o erano tradite, combattevano, sanguinavano, impazzivano, morivano”. Ed ecco, afferma ancora lo scrittore, che il pubblico gioisce e soffre con loro, cerca di aiutare i personaggi in difficoltà, segue animatamente la storia che realmente si sviluppava davanti ai loro occhi. La vista, senso più immediato e forte dell’uomo, elimina quello scarto tra letteratura e realtà e riduce lo sforzo, genera infatti immedesimazione e compassione, porta lo spettatore non più a sorridere ma a toccare un livello diverso e più profondo rispetto a quello emerso da una prima lettura per di più di un testo distante circa 400 anni. Tramite la rappresentazione dei Pupi Siciliani è più facile, per lo spettatore, così come lo è spesso per gli studenti, comprendere più profondamente un’opera scritta tramite una rappresentazione teatrale (si pensi ai testi di Pirandello),  entrare in contatto con la dimensione nascosta del mondo cavalleresco, non solo duelli e scontri tra cavalieri ma battaglie riconducibili al mondo di ognuno di noi, turbamenti, paure e ideali da affermare con difficoltà nel corso della nostra vita. E di certo Ariosto, figlio del suo tempo, non voleva solo far ridere ma manifestare l’universale umano dei comuni valori: il caso, l’imprevedibilità, il dolore, la libertà e la paura di perdere il nostro equilibrio interiore, il senno. 
Non è difficile scorgere in questo processo ciò che un altro siciliano, Luigi Pirandello, ha affermato nel suo saggio l’Umorismo. L’autore presenta una visione del mondo per cui per comprendere l’essenza dei fatti si deve andare oltre ciò che appare e quello che generalmente fa sorridere può nascondere invece qualcosa di più complesso e profondo.  Prendiamo come esempio proprio  la follia d’Orlando: la prima reazione dinnanzi al paladino disperato per amore- come detto anche in precedenza- è certamente di divertimento e sgomento, ma se osserviamo attentamente il personaggio e riflettiamo sulla sua condizione, riusciamo ad immedesimarci e a comprenderne il lato serio e doloroso celato dietro l’azione. All’avvertimento del contrario, per utilizzare le parole di Pirandello, si sostituisce il sentimento del contrario che porta il lettore o lo spettatore a contatto con una dimensione umana che rende il dolore di Orlando – e il dolore umano in generale- universale e senza tempo, come scrive Sciascia in “un accordo di sentimenti a tanta distanza di tempo” e a cui la letteratura deve necessariamente educare i nostri studenti attraverso tutte le sue forme, dalla pagina scritta alla rappresentazione teatrale (1). 
Giulia di Perna 
(1) L’Opera dei Pupi a partire dal 2001 è stata inserita nel programma Unesco istituito nel 1999 “Capolavori del patrimonio orale e immateriale dell’umanità”; del 2021 è il docufilm dedicato all’opera dei pupi siciliani Cùntami.